Bianco - La citta' del vino
Un tempo il cartello della strada statale 106 – che da Taranto porta fino a Reggio Calabria – salutava l’ingresso al paese con la scritta “Benvenuti a Bianco il bello del mare”. Oggi il “bello del mare” ha lasciato il posto alla “città del vino”, con buona pace degli astemi. Il vino, diciamolo subito, è quel nettare degli dei che ha nome Vino Greco e che è stato riconosciuto Doc nel 1980. Dunque, “Benvenuti a Bianco, la città del vino”.
La statale 106 è l’arteria del paese, sbocco nevrotico e anarchico del traffico – disordinato e disorientante, specie durante l’estate quando il paese da 4000 anime si riempie per lo più di amici e parenti dei parenti, gente dei borghi limitrofi, superstiti all’esterofilia e devoti alla Madonna di Pugliano, la Santa Patrona di Bianco, venerata con grandi festeggiamenti dal 13 al 15 agosto.
Da questa strada si diramano le vie che conducono nella parte alta del paese e quella principale è un lungo stradone alberato che, da un certo punto in poi, si impenna in salita con una pendenza considerevole. Proprio in cima alla salita si trova il Duomo di “Tutti i Santi”, la chiesa principale dove è collocata la preziosa statua in alabastro di Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto (1530). Qui dall’alto, potendo salire su una delle terrazze delle case rimaste in questa parte scomoda di paese, si ha una visione privilegiata del profilo urbanistico e del mare.
Un colpo d’occhio illuminante quest’ultimo – specie verso le sette/otto di sera – che ci piace ricollegare all’essenza etimologica del nome Bianco, a dispetto della versione ufficiale, riportata da tutte le guide, associata al colore delle colline cretacee che circondano il territorio. La linea del cielo è esattamente fusa con quella del mare, in un unico colore bianco vagamente rosa che sembra uscito dalla tavolozza di un pittore.
Il mare racchiude l’anima dei paesi di mare. Il mare di Bianco è un camaleonte timido e sfrontato che assorbe colorazioni di volta in volta diverse eppure mai casuali. Come quando l’acqua, al sorgere del sole si tinge di rosso – un rosso color di vino che ai più sportivi fa pensare alla tinta della maglia della Reggina – e alla sera, nelle notti di luna piena, diventa argento, bagliore diffuso sul manto nero ondulato della notte.
Di questo mare i pescatori raccontano mirabilie, a cominciare da quel miracolo del quadro della Madonna di Pugliano che proprio dalle acque joniche sarebbe venuto, scampando alle razzie dei Turchi; quei pescatori dalla pelle arsa dal sole, sparsi nelle vecchie casette – oggi in gran parte ristrutturate – sul lungomare a ridosso della spiaggia, dove la battigia è solcata da barche e barchette siglate con date, nomi di donne, madonne e santi.
Ed è proprio qui, ai bordi del mare, che storicamente è avvenuta la contaminazione della vecchia cultura contadina con la nuova marinara, costituita da immigrati calabro-siculi, quando in seguito al secondo terremoto del 1908 (il primo fu nel 1783), l’antico borgo originario di Bianco Vecchio venne trasferito definitivamente nel Bianco Novo, centro abitato sorto nei pressi della spiaggia.
Oggi Bianco è il paese che, durante l’estate, accoglie il maggior numero di turisti stranieri e di visitatori provenienti dalle località limitrofe e questo grazie al primato che, ormai da decenni, ha conquistato l'estate bianchese”. Merito, soprattutto, dello spettacolo pirotecnico di Ferragosto (i famosi “fuochi dell’una” di notte) con cui la cittadina calabrese ha partecipato a competizioni di carattere internazionale.
La Strada del Vino
La presenza della Doc Greco di Bianco contrassegna il territorio noto come la Strada del Vino e dei Sapori della Locride, un’area che congiunge un lungo tratto della costa jonica ai paesi interni inerpicati a ridosso dell’Aspromonte. A fare compagnia al liquoroso Greco di Bianco – o “Grecanico” che dir si voglia – vi è un altro passito, il Mantonico di Bianco. La leggenda farebbe risalire a un colono greco l’introduzione nel territorio calabrese dei primi tralci di vite, al tempo dello sbarco dei Locresi presso il promontorio Zefiro (VII sec. a.C.), oggi Capo Bruzzano (quel tratto di litorale che Legambiente ha recentemente inserito nella top ten delle 10 spiagge più belle d’Italia). In ogni caso i vitigni introdotti con la colonizzazione ellenica si adattarono all’ambiente di coltivazione talmente bene da potersi considerare “autoctoni”.
La gemma enologica della Locride vanta un colore giallo tendente al dorato e riflessi ambrati e non mancherà mai a fine pasto nelle tavole imbandite dei calabresi della provincia reggina – e di Bianco in special modo – soprattutto durante i festeggiamenti di Ferragosto. A sposare il sapore di questo “nettare degli dei” – come viene definito il Greco di Bianco per antonomasia –intervengono gustose prelibatezze di pasticceria come lo stomatico, i petrali, i torroni con copertura al cioccolato sia nero che bianco, i dolci di ricotta e i raffinati dolci di marzapane.