Gli albanesi in Calabria
L'insediamento di popolazioni di lingua e cultura albanese in Calabria risale ormai a molti secoli fa. Secondo studi storici consolidati il primo trasferimento risale al secolo XV, quando Alfonso I d'Aragona ricorse ai servizi di Demetrio Reres, nobile condottiero albanese, che portò con sé un folto seguito di uomini. La ricompensa per i suoi servigi consistette nella donazione, nel 1448, di alcuni territori in Calabria. Secondo le fonti, Demetrio Reres, venne in Calabria per riportare all'obbedienza i baroni che si erano ribellati alla sua autorità. Uno di tali ribelli era il marchese Antonio Centelles. Demetrio Reres venne quindi al comando di un gruppo di armati con al seguito le famiglie. Per ricompensa dei servigi resi, il Re di Napoli, nel 1448 lo nominò Governatore della Calabria.
Centelles fu sconfitto nel febbraio del 1445, per cui dopo tale data risalgono i primi insediamenti albanesi, che avvennero su territori confiscati allo stesso Marchese Centelles. I sui uomini si distribuirono in diversi paesi della provincia di Catanzaro, andando a ripopolare casali abbandonati, i primi insediamenti furono quindi Amato, Andali, Arietta, Vena e Zangarona, seguiti da Caraffa, Carfizzi, Pallagorio, S. Nicola dell'alto e Gizzeria. Successivamente, con l'intensificarsi dei rapporti tra il regno di Napoli (di cui la Calabria faceva parte) e i nobili albanesi (tra i quali Giorgio Castriota Scanderberg , eroe nazionale delle popolazioni albanesi, altri soldati e famiglie di soldati poterono stanziarsi in ulteriori territori dati come ricompensa per i servigi resi. Altri eventi che favorirono la migrazione di albanesi verso la Calabria meridionale furono il matrimonio tra Irene Castriota e il principe di Bisignano in Calabria, nel 1470, e la caduta della città di Kruja nel 1478. L'ultima grande ondata migratoria si ebbe in seguito alla conquista da parte dei Turchi della fortezza di Corone (in Albania) nel 1533-34. Gli albanesi trasferitisi mantennero la religione cristiana di rito ortodosso e, questo è tuttora, uno dei tratti caratterizzanti la etnia albanese sia rispetto alla restante popolazione sia riguardo agli albanesi rimasti in patria.
I luoghi
In Calabria la lingua albanese (arbëreshe) è parlata in 34 centri, fra comuni e frazioni: 25 si trovano in provincia di Cosenza, 3 in provincia di Crotone e 6 in quella di Catanzaro. Leggende, credenze e canti popolari sono vivi ancora oggi in molte comunità albanesi: il martedì di Pasqua, infatti, in alcuni di questi centri si può ascoltare il Canto di Scanderbeg, in lingua tradizionale, in ricordo di famose gesta epiche. Di origine albanese sono i centri di San Nicola dell'Alto, Pallagorio e Carfizzi, visibile anche dalla produzione artigianale dei tessuti, dai colori e dalla fantasia orientali:
gli albanesi della Calabria, infatti, sono abili tessitori; usi e tradizioni si conservano ancora intatti a Spezzano Albanese. Altri centri importanti sono Caraffa, Frascineto, Eianina, Civita, Falconara Albanese e Lungro. In quest'ultimo le usanze, i costumi tradizionali e la lingua arbëreshe sono mantenuti e tramandati: la cattedrale di San Nicola di Mira conserva, infatti, il rito ortodosso; a Vena di Maida si parla tutt'oggi un interessante dialetto. Un importante centro albanese in Calabria è San Demetrio Corone, in provincia di Cosenza, essendo sede del Collegio Italo-Albanese di San Benedetto Ullano, un'importante istituzione culturale e teologica risalente al 1732, trasferita a San Demetrio nel 1794. Tuttavia la nascita del paese risale a una immigrazione di monaci italo-greci avvenuta nel X secolo e a un'altra ondata di gente greca verificatasi nel XVI secolo. Anche Frascineto è un paese di grande interesse in tal senso. Qui si trovano il Centro Ricerche "G. Kastriota", che promuove diversi eventi legati alla cultura italo-albanese; la Biblioteca "A. Bellusci", comprendente circa 10.000 volumi, con traduzioni in diverse lingue; e l'Istituto Comprensivo "E. Koliqi" dove si insegna la lingua albanese. Le cerimonie religiose di origine greco-ortodossa sono molto suggestive: particolarmente interessante è il rito del matrimonio, durante il quale avviene l'incoronazione degli sposi. Anche i canti corali sono molto belli: ricchi di melodia, tanti di questi, sono ispirati al ricordo di Giorgio Castriota "Scanderbeg", grande condottiero ed eroe nazionale.
I canti popolari e religiosi, le leggende, i racconti, i proverbi riecheggiano un forte spirito di comunanza e solidarieta' etnica. I motivi ricorrenti sono la nostalgia per la patria perduta, il ricordo delle leggendarie gesta di Scandenberg, la tragedia della diapsora in seguito all'invsione ottomana. La coscienza di appartenere a una stessa etnia, ancorche' dispersa e disgregata, di coglie tra l'altro in un motto molto diffuso, che i parlanti albanesi spesso ricordano quando si incontrano: "gjaku yne i shprishur", che vuol dire "il sangue nostro sparso". I motivi della tradizione popolare si ritrovano nella letteratura, che proprio da cio' mosse i primi passi.
Altri elementi originari della cultura arbëresh sono giunti ai nostri tempi attraverso una storia secolare, e mantengono una loro forza di rappresentazione dell'organizzazione delle comunita'. Tra essi ricordiamo la "vatra", il focolare, il primo locus culturale attorno a cui si muoveva la famiglia; la "gjitonia", il vicinato, il primo ambito sociale al di fuori della casa come continuita' della famiglia e primo accesso alla comunita'. Ancora: la "vallja", una danza accompagnata dal canto, ma piu' profondamente un momento fortemente sociale di compattezza dell'intera comunita' in particolari circostanze dell'anno; la "vellamja", la fratellanza, rito di parentela spirituale; la "besa", la fedelta' all'impegno, quasi un rito di iniziazione sociale con precisi impegni di fedelta' agli impegni presi, senza alcuna prevaricazione.
La consapevolezza della necessita' di una valorizzazione e tutela della cultura albanese ha favorito la nascita di associazioni e circoli culturali, e ha dato luogo a iniziative e manifestazioni culturali. Tra gli aspetti fondamentali della tradizione degli albanesi di Italia, un posto decisivo spetta alla religione.